I giorni della Merla
Sono “i giorni della Merla”
Lo diceva mio nonno in dialetto bolognese, suonava tipo così “I dè d’la Mèrla”: i giorni del grande freddo, che sono 29, 30 e 31 di gennaio.
Ma perché?
Leggenda narra che in quei giorni il freddo fosse così intenso da indurre una merla e i suoi piccoli a ripararsi in un camino, e quando dopo tre giorni passò erano diventati neri.
Il merlo ha una magia particolare e tante sono le descrizioni del simbolismo occulto e della sua “medicina”, ma senza entrarci – ciascuno approfondirà se vorrà seguendo le proprie piste – lasciamo che sia lui stesso a raccontarsi, col suo canto gioioso, articolato, melodioso, con la capacità da creatura alata di camminare nei prati, con le sue piccole uova d’un azzurro intenso, col coraggio di avvicinarsi, col comparire invece fermo e silenzioso quando il messaggio è altro, introspettivo e connettivo, e lo stesso sguardo da vivace si trasforma in solenne.
La coppia di merli nella foto era sulla mia stessa panchina nel giardino dell’ospedale in cui in quel momento era mia madre, non avevo il cuore leggero e loro sono arrivati così vicini ad allietarmi.
Lo troviamo nelle canzoni, due tra tutte intramontabili: dei Beatles, “Blackbird, fly” come inno alla vita, a riparare le ali spezzate e volare. E di Cat Stevens “Morning has broken like the first morning, blackbird has spoken like the first bird”, che al di là della traduzione letterale porta quel broken, che parla di rottura, rottura del buio che ha preceduto il sorgere del Sole al mattino, e il canto del merlo – che è tra i primi uccelli a cantare all’alba – lo fa come il “primo” degli uccelli, che ne richiama l’immagine archetipica.
E in ultimo per me il merlo è diventato “Marco” grazie alla piccola Arianna ma questo è un altro racconto, che se ti va trovi qui: https://quanticmagazine.com/…/un-angelo-mi-ha-detto-mi…/
Venga dunque ad allietare i nostri cuori, siano canto le nostre parole e la nostra presenza tale da cogliere la meraviglia,
Alessandra